CRASH: il Fuorisalone di Margraf con Hannes Peer Architecture

CRASH intende trasformare la percezione del marmo, tradizionalmente simbolo di stabilità e perfezione, presentandolo come uno strumento di rottura e rivelazione, lontano dal suo tradizionale ruolo decorativo. L'installazione esplora la collisione come forza concettuale e fisica, che rimodella gli oggetti e lascia tracce visibili di un'interazione profonda. Il marmo, piegandosi e staccandosi dalla parete, sfida la propria natura di solidità stoica, interrompendo l'architettura come un errore voluto.
Il progetto riflette sul lavoro di artisti come Michelangelo, Luciano Fabro e Isamu Noguchi, che considerano la frattura un’occasione di reinvenzione e di rivelazione. Dal non finito di Michelangelo, a Fabro che sfida la solidità della pietra per esprimere emozioni, fino ai giochi di Noguchi che abbattono le rigidità della scultura tradizionale, CRASH vuole continuare questa tradizione di rottura creativa.
Cominciando dall’ingresso, il visitatore è accolto in uno spazio che ricorda una cava, nel quale il marmo si contorce in una formazione cavernosa per poi evolversi nello spazio non accettando più il proprio destino di “lastra verticale”, ma scivolando a terra sotto la spinta del proprio peso o interrompendo improvvisamente la sua logica naturale fino ad arrivare al culmine dell’installazione, che dà il nome al progetto: una monumentale lastra di marmo sfida la sua stessa natura, piegandosi e sgretolandosi in un momento congelato, come se il materiale stesse riscrivendo le leggi della sua stessa esistenza. La tensione tra la solidità e l'imprevedibilità del marmo invita lo spettatore a vedere la bellezza nelle imperfezioni e nella trasformazione. In CRASH, ogni errore e imprevisto non è un difetto, ma un elemento fondamentale del processo creativo, che celebra la fragilità e la ricchezza dell’imperfezione.
CRASH si presenta quindi come una riflessione sul dinamismo e sull’imprevedibilità del processo creativo, in cui tradizione e innovazione si scontrano, dando vita a un’opera che trascende le aspettative. Invita a guardare il marmo non più come un materiale statico, ma come una sostanza viva e in continua evoluzione. Nelle sue fratture, protuberanze e incidenti, il progetto sottolinea che la creazione è raramente lineare, ma nasce da una serie di collisioni, impatti e risultati imprevisti. Il risultato è uno spazio in cui la distruzione e la trasformazione si fondono, dove ogni segno porta con sé il ricordo della sua genesi, e dove il marmo — un materiale che ha resistito per millenni — diventa metafora della fugace e fragile bellezza dell’esistenza.
Ph. Danilo Pasquali