Alvisi Kirimoto firma a Ferrara "Spazio Antonioni"
A Ferrara, Alvisi Kirimoto firma il progetto di restauro del Padiglione d’Arte Contemporanea per accogliere Spazio Antonioni, un museo vivo, un centro di formazione e di scoperta, dedicato al regista di origini ferraresi Michelangelo Antonioni. Lo Spazio ospita un’esposizione permanente dove esplorare le preziose testimonianze del lavoro del Maestro e un ambiente versatile per mostre temporanee, eventi, proiezioni, workshop e manifestazioni.
Situato in un’area strategica della città, caratterizzata da complessi culturali di rilievo, come Palazzo dei Diamanti e l’adiacente Palazzo Massari, l’edificio, un padiglione storico di due piani di circa 300 mq l’uno, si erge in una cornice d’eccezione alle porte del Parco Massari. Elemento di congiunzione tra le diverse istituzioni e il Parco, Spazio Antonioni rappresenta il tassello mancante del polo museale.
L’intervento offre la possibilità di: “...aprire a Ferrara uno spazio che sarà la casa di Antonioni, visto che lì c’è il tesoro che Michelangelo ha lasciato. Non un museo dove le persone entrano, guardano e poi escono, senza la possibilità di vivere ed essere trasformati da quello che li ha toccati, ma un luogo dove si dovrebbe perdere la testa… Un piccolo universo che attrae conoscenza, conoscenza del bello. Uno spazio che cambia e si trasforma a seconda di quello che vogliamo conoscere, che abbia tavoli dove possiamo sedere e mangiare cibo nutriente e raffinato per la nostra anima e che ci trasformi, ci illumini, nella luce ammaliante di Ferrara”. Racconta Enrica Fico Antonioni.
La definizione dello spazio parte dal progetto curatoriale di Dominique Païni, che prevede il frazionamento in aree tematiche, adatte a un pubblico eterogeneo di turisti, cineasti, studenti e semplici appassionati.
La visita si articola in un percorso espositivo chiaro, fluido e dinamico, che ricorda uno dei piani sequenza di Antonioni. Se al piano terra il ritmo è scandito da cinque setti espositivi monolitici, che raccontano le varie sezioni, il primo piano sorprende per la sua estrema flessibilità.
Superato l’ingresso dotato di biglietteria e un piccolo bookshop, ci si immerge nel mondo del regista, spaziando tra le diverse sezioni, dagli anni ferraresi degli esordi a Il deserto rosso.
“Volevamo creare uno spazio astratto, definito da superfici e materiali dai cromatismi neutri. La progressione cromatica nelle tonalità del grigio da un lato esalta il valore dinamico e spaziale dell’esperienza museale, dall’altro permette di definire dei momenti più raccolti di approfondimento e conoscenza.” Spiega l’Architetto Junko Kirimoto, co-fondatrice dello studio.
Al progredire dell’esperienza, infatti, corrisponde il climax cromatico dei setti espositivi in scala di grigio, che richiamano le atmosfere minuziosamente ricercate dal regista:
“La fotografia è per me molto importante perché mi permette di stabilire – cosa della quale mi sono sempre preoccupato – un rapporto più preciso tra personaggio e paesaggio. Tono grigio e cielo coperto sono sovente caratteristiche dei miei film. Una predilezione figurativa? Non tanto e non solo. Il fatto è che quando non c’è sole, io posso girare con maggior libertà; è una scelta dettata anche da motivi pratici. Con il sole, le angolazioni della macchina da presa sono obbligate. Se il sole è alle spalle, c’è l’ombra della macchina, se il sole è di faccia, entra in macchina e quindi ci sono angolazioni obbligate, piani obbligati. Siccome una delle mie preoccupazioni è di seguire a lungo il personaggio, è chiaro che la mancanza di sole mi permetta di farlo più disinvoltamente e più a fondo.” Da "Fare un film è per me vivere". Scritti sul cinema di Michelangelo Antonioni.
I setti espositivi che ritmano la sala del piano terra, uguali per forma e dimensione, definiscono i diversi ambiti del percorso museale e delineano due speciali corridoi visivi laterali. I cinque elementi monolitici mettono in dialogo medium differenti: pareti piene per appendere dipinti e manifesti si alternano a monitor integrati e ad ampie vetrine per l’esposizione di oggetti, documenti e foto.
La scelta di finiture fortemente materiche, come la resina dei pavimenti e la pietra lavica della scala, si combina con la grande attenzione per il dettaglio, che consente di valorizzare persino elementi tecnici come cerniere o piedi metallici di supporto, lasciati deliberatamente a vista:
“Abbiamo avuto l’opportunità di collaborare direttamente con Michelangelo Antonioni nel 2006, per l’allestimento delle sue opere pittoriche nella mostra Il Silenzio a Colori al Tempio di Adriano di Roma. Per il maestro, il modo in cui si attaccava il quadro era importante quanto il quadro stesso, e questa devozione per il particolare come per l’insieme, per ciò che è di fronte e dietro la telecamera, è quello che abbiamo voluto tradurre in architettura”. Racconta l’Architetto Massimo Alvisi, co-fondatore dello studio.
Un altro tema centrale, analizzato all’inizio del percorso espositivo e riportato in ambito progettuale, è il legame del regista con la città di Ferrara. Per sottolineare questo rapporto, si è scelto di riaprire le bucature esistenti dell’edificio originale e di mettere gli interni del museo in diretta connessione con la città.
Al primo piano, un’“esplosione spaziale” innescata da pannelli che ruotano e traslano, permette di modulare la grande sala, aperta e versatile, in base alle diverse necessità funzionali del museo: spazio unico per proiezioni o conferenze, aule per workshop e laboratori, percorsi lineari che consentono il prolungamento dell’esposizione permanente, e ambienti modulari per gli allestimenti temporanei. In occasione dell’inaugurazione, infatti, verrà presentata la mostra Fuori fuoco: Giorgio Morandi / Cy Twombly, a cura di Andrea Bruciati, in programma fino al 29 settembre 2024.
Seguendo la stessa logica del piano inferiore, anche le pannellature mobili del primo piano ospitano delle teche vetrate, e non celano, bensì esaltano i dispositivi meccanici sfruttati per la traslazione e la rotazione a 90°.
Anche a questo livello, la città di Ferrara torna a essere protagonista, grazie al ripristino di alcune finestre originarie che permettono di ampliare la visuale verso Palazzo Massari e il parco. Questa relazione sancisce la chiusura del percorso espositivo permanente con la sezione Il Ritorno in Italia, che vede esposti anche i premi alla carriera del regista.
All'estremità di ciascun piano, sono state realizzate due salette immersive con attrezzature audio d’avanguardia, dedicate alla proiezione di film citati lungo il percorso.
Il restauro, oltre al progetto dell’acustica, e degli impianti di climatizzazione e illuminazione, attentamente studiati per la migliore fruizione e gestione del museo, ha compreso: il rifacimento di parti strutturali, come la scala, il solaio intermedio e i pilastri del piano terra; il recupero di elementi di finitura esterna come la risistemazione di tutta la copertura esistente e il ripristino completo della facciata del PAC e dell’edificio gemello; la riqualificazione del solaio di terra e di tutte le pareti perimetrali; la sostituzione degli infissi esistenti.
A completare il progetto, con il fine di integrarlo nel tessuto urbano, sono state ripensate le aree esterne, concepite come il naturale prolungamento degli interni in linea con la rinnovata permeabilità del museo.
Realizzato con lo scopo di favorire la condivisione e l’accessibilità dell'eredità culturale di Michelangelo Antonioni, il progetto firmato Alvisi Kirimoto arricchisce l’offerta culturale della città e si offre come nuovo punto di riferimento per tutti gli amanti del regista e del grande schermo.