GIANAdesign
Viviana Del Naja, architetta, designer e fondatrice di GIANAdesign, porta avanti un progetto che nasce dall’incontro tra percezione visiva, materia e teoria del colore, trasformando il design in un’esperienza che evolve nel tempo. Attraverso una ricerca profonda tra cultura, luce e materiali, Viviana reinterpreta elementi tradizionali in chiave contemporanea, dando vita a prodotti d’arredo che stimolano mente e sensi. Ci ha raccontato il suo percorso, la filosofia che guida il suo lavoro e l’innovativo progetto Madeira, un decoro tridimensionale che sfida la percezione e invita a vivere lo spazio in modo nuovo.
di Chiara Poggi

Partiamo da lei. Come definirebbe oggi il suo approccio al progetto e qual è stato il percorso che l’ha portata a fondare GIANAdesign?
Dico sempre “il Tutto è superiore alla somma delle singole parti” per riprendere una citazione della scuola della Gestalt da cui sono partita per lo studio della teoria della percezione; questo è diventato il mio mantra, il mio approccio al progetto. La ricerca del Bello e di ciò che mi faceva stare bene in un luogo, assecondando le mie percezioni, il tutto accompagnato dal lavoro di ricerca che conducevo per la tesi di dottorato in Tecnologia dei materiali tra Portogallo, Marocco e Italia, mi ha condotta a fondare Giana Design.
GIANAdesign nasce come un contenitore di ricerca tra percezione visiva, materia e teoria del colore. In che modo questi tre elementi dialogano tra loro nei suoi progetti?
Giana Design è un contenitore di prodotti legati alla teoria della percezione, prodotti d’arredo e di finitura che stimolano la mente di chi vive quello spazio, ma senza l’utilizzo della tecnologia. La materia dialoga con la luce riflettendola, attraversandola e crea giochi e decori nell’ambiente circostante, il tutto associato ai colori che generano ricordi, sensazioni. La figura del designer e dell’architetto sono in continua evoluzione, oramai non basta più progettare per rispondere alla funzione, ma bisogna rispondere anche alla componente immateriale, esigenze non richieste espressamente ma desiderate dall’uomo per il proprio benessere.
Il nome Giana è un omaggio a Giano bifronte, simbolo di trasformazione e dualità. Quali “due facce” convivono nei suoi oggetti e nei suoi spazi? E cosa rappresenta invece quella “terza faccia” a cui lei fa spesso riferimento?
Qui si centra il punto chiave del progetto Giana Design che fa entrare in campo la IV dimensione del design, quella del Tempo. Le due facce di Giano bifronte rappresentano il tempo passato e il tempo futuro passando per il momento presente che, in relazione ai prodotti di Giana come ad esempio Madeira, vuole dire che c’è un cambiamento di questo prodotto a seconda del punto di vista dell’osservatore e di come questo si muove nell’ambiente. Parliamo di prodotti d’arredo statici e analogici ma che interagiscono con l’utente a seconda di come varia il loro punto di vista. Girando attorno al prodotto si scoprono differenti facce identificabili con il momento passato, il momento futuro ma passando per il momento presente in cui il passato e il futuro si incrociano.
Tempo, luce, percezione, emozione. In un mondo dominato da stimoli digitali, in che modo possiamo stimolare l’attenzione e il coinvolgimento dell’utente attraverso un design analogico ed esperienziale?
Il grande maestro che può rispondere a tale domanda è sicuramente Escher, colui che con semplici disegni 2D ingannava la mente umana con le sue prospettive, tassellazioni, scale impossibili, come anche il gioco delle illusioni ottiche. Andando più indietro, addirittura ai romani, ricordiamo i bellissimi Trompe l’oeil, disegni 2D a parete che ti davano l’illusione che la stanza continuasse al di là del muro, rappresentando giardini o cieli stellati. Questi sono solo pochi esempi di come si a facile ingannare la mente e creare coinvolgimento nelle persone.
Perché non portare tutto questo nei prodotti d’arredo attraverso il materiale, la luce, la forma e il colore per dare un valore e un’esperienza da vivere negli ambienti e regalarci degli stimoli e delle sensazioni giocose intellettive.
Il suo lavoro si muove nella cosiddetta “quarta dimensione”: il Tempo. Come si traduce questo nei suoi oggetti e nei suoi spazi?
I prodotti di Giana design sono esperienziali perché si vivono attraverso il tempo.
Se non li vivi non li puoi comprendere pienamente perché cambiano continuamente a seconda del punto di vista, dello scorrere del tempo, del sole che gira e la cui luce attraversa l’ambiente; è il tempo che definisce la percezione dell’oggetto.
La teoria della Gestalt, Escher, le azulejos portoghesi, le mashrabiya marocchine. Quanto è importante per lei la psicologia della percezione nel dare forma a un progetto? E che ruolo ha in questo processo l’interazione tra luce, materia e movimento?
Da tempo studio e porto avanti la ricerca sull’interazione tra la finitura della materia e la luce, per comprenderne le sensazioni e le percezioni. In qualità di architetto fare un buon progetto vuol dire migliorare la qualità della vita dal punto di vista sia fisico che mentale e attraverso la ricerca ho capito che studiare la forma e lo spazio non bastava. Bisogna integrare al materiale l’immateriale, è importante far intervenire i sensi, le frequenze e le vibrazioni per rendere unico un ambiente o un prodotto d’arredo, bisogna entrare nel campo neuroscientifico.
Viaggiando tra Marocco e Portogallo sono stata rapita dal fascino dell’azulejos per la sua finitura vitrea e dai pattern delle mashrabiye che, con il gioco di pieni e vuoti, si ripetono nell’ambiente circostante e cambiano a seconda della posizione del sole. Ciò che provoca la luce stimola e attrae l’utente portandolo in una dimensione vibrazionale.
Ricordiamo Escher con i suoi disegni 2D era in grado di portare l’osservatore in due "mondi paralleli" grazie alla percezione visiva e creando effetti di illusione e ambiguità spaziale.
Insomma, quello che dico sempre ai ragazzi in Accademia è: ascoltate la vostra pelle come reagisce quando entrate in un posto, un luogo pubblico, una casa, un ristorante. La pelle è il nostro più grande organo sensoriale e comunica al nostro cervello le informazioni sul mondo esterno; se è un “bel posto” sicuramente te lo farà capire.
Madeira è un elemento modulare tridimensionale che rilegge le boiserie in chiave contemporanea. Come nasce questo progetto e cosa lo rende così attuale?
Madeira è il primo prodotto d’arredo brevettato a livello europeo e sviluppato secondo la teoria dell’anamorfosi e delle illusioni ottiche; una boiserie lignea tridimensionale e customizzabile nella scelta del bi-colore, che introduce l’utente in un nuovo modo di vivere lo spazio privilegiando il benessere e vivendo la IV dimensione del design.
Un progetto che nasce grazie a un contest a cui ho partecipato che chiedeva un’idea di decoro parietale, e in tal caso ho voluto lanciare una provocazione con un decoro 3D ancora mai visto.
Successivamente la Falegnameria Nacchia ha sposato la mia idea di progetto e abbiamo iniziato a realizzare i primi prototipi. Abbiamo lavorato con il colore, con la dimensione adottando il supporto in Mdf. I primi utilizzi di boiserie risalgono alla Francia del XVII secolo, un concetto che ho voluto riproporre, in chiave moderna, adattandolo alle esigenze della società di oggi che cerca più attenzione al benessere dell’utente.
Colori, superfici, illusioni ottiche. In che modo Madeira riesce a trasformare la percezione dello spazio e attivare emotivamente chi lo abita?
Un oggetto immobile, statico, analogico ma interattivo e coinvolgente, Madeira riesce ad interagire e a stimolare la mente di chi la vive e la osserva attraverso la sua forma plissettata e l’alternanza del colore. Ho applicato la tecnica dell’anamorfismo: un'immagine distorta che si ricompone in un'immagine riconoscibile se osservata da un certo punto di vista o riflessa in uno specchio curvo. È un processo di illusione ottica che utilizza la matematica e la prospettiva per creare un effetto visivo sorprendente.
Escher ne era il maestro!
Ha vissuto e lavorato tra Napoli, Portogallo e Marocco. Come queste culture, profondamente legate alla luce e alla materia, hanno influenzato il suo modo di pensare e fare design?
Io sono fortunata perché i miei occhi sono sempre stati immersi nel bello.
Vivendo a Napoli con la costiera a due passi e viaggiando sempre tanto fin da piccola, mi è stato facile raccogliere informazioni e riproporre, da architetto, ciò che mi faceva stare bene. Ho capito che la luce e i colori sono due elementi essenziali, li ho studiati e ne ho fatto una regola di stile e di progettazione. Le città in cui ho vissuto come Marrakesh e Porto, con la loro architettura tradizionale, i pattern e le geometrie hanno arricchito e influenzato il mio stile portandomi anche nel mondo del design e del prodotto d’arredo.
GIANAdesign ha anche una forte componente etica: produzione locale, materiali sostenibili, filiera responsabile. Quanto conta per lei oggi coniugare ricerca estetica, benessere dell’utente e responsabilità ambientale?
La filiera è un punto fondamentale per chi fa ricerca e design. Il riutilizzo, la circolarità del prodotto, sono attenzioni che oggi fanno il prodotto, così come è importante interpellare tecnici e fornitori locali.
Il confronto con chi padroneggia la materia ti fa entrare nell’essenza del progetto; Giana design sperimenta sulla materia e fa emergere, attraverso il prodotto, le relazioni tra luce, finitura e forma.
Il benessere nel vivere gli spazi è dato anche dalla qualità del prodotto e del materiale utilizzato, il suo riutilizzo e la adattabilità in un altro ambiente.
Il progetto si è trasformato anche in un percorso di docenza presso l’Accademia IUAD di Napoli. In che modo il confronto con gli studenti arricchisce il suo lavoro e apre nuove prospettive di ricerca?
C’è stato un percorso di ricerca durato 7 anni prima di arrivare a questo punto e alla realizzazione di Madeira e mi sono detta: se tutto questo l’ho appreso studiando perché non farne un progetto di docenza e far capire ai futuri aspiranti architetti ed interior designer che oltre al mondo fisico e spaziale da gestire ce ne anche uno immateriale e percettivo.
La figura del designer e dell’architetto deve evolvere adattandosi alla nuova domanda e nuove esigenze del fruitore; bisogna competere con un mondo pieno di stimoli e di tecnologia ma il benessere mentale non si deve tralasciare.
Guardando al futuro, sta già immaginando nuove evoluzioni di GIANAdesign? Altri materiali, altre forme, altre percezioni da esplorare?
Per chi ha “fame” di conoscenza e scoperta l’evoluzione e le idee nuove sono all’ordine del giorno; Giana design evolve grazie alla curiosità, al confronto, alla voglia di vivere bene gli spazi e di far vivere nel benessere le persone che si affidano ad architetti e designer.
Sono in cantiere prototipi in lamiera e in tessuto realizzati con strumenti parametrici grazie alla collaborazione con VAHA - Virtual Architecture Handicraft Art e altre collaborazioni stanno nascendo sulla scorta di ampliare il progetto Giana a diverse informazioni neuroscientifiche.
Come per tutte le cose buone, ci vuole il tempo. GIANAdesign è aperta alla sperimentazione e alla collaborazione.