Riscaldamento globale: cosa fare in edilizia

Il cambiamento climatico costituisce la principale minaccia per l’umanità.

Secondo gli studi dell’IPCC (Intergovernmental panel on climate change), in assenza di contromisure, la temperatura media del globo a fine secolo potrebbe aumentare di circa 4,5-4,8°C.

La Conferenza sul clima di Parigi, siglata a dicembre 2015 da 195 Paesi (con l’UE, per una volta presente con un’unica voce) ha stabilito che l’innalzamento della temperatura sia costretto “ben al di sotto dei 2 gradi centigradi”, sforzandosi di fermarsi a +1,5°. Per centrare l’obiettivo, le emissioni devono cominciare a calare dal 2020.

A tal proposito il tema della riqualificazione del patrimonio edilizio è certamente lo sforzo più importante che il nostro Paese, così come l’intera Europa, è chiamato a fare.

Ne parliamo con Norbert Lantschner, massimo esperto di sostenibilità ambientale, ideatore di ClasaClima, attuale presidente della Fondazione ClimAbita e consulente SAIE sui temi energia e green building.

  • Qual è il concetto di sostenibilità in edilizia?

Innanzitutto voglio rilevare come sull’importanza della “sfida climatica” ci sia una forte condivisione nel mondo scientifico: probabilmente ci troviamo di fronte al più grande esperimento che l’uomo abbia affrontato nella storia e le risposte che daremo a questa sfida potrebbero determinare il nostro futuro.

Dobbiamo diventare più intelligenti e responsabili, e quindi “sostenibili”, nell’uso delle risorse, soprattutto quelle di origine fossile. Il termine “sostenibilità” significa trovare l’equilibrio tra le esigenze dell’uomo e le risorse disponibili in natura per soddisfarle, procurando sull’ambiente il minor impatto possibile. Quindi, anche la sostenibilità in edilizia comporta anzitutto “attrezzarsi al risparmio” se è vero, come ormai condiviso da tutti gli organismi preposti, che nei paesi UE, alla costruzione e al funzionamento degli edifici è destinato quasi il 40% dei consumi energetici complessivi e circa un terzo delle emissioni di CO2

  • Quali le cause del carattere fortemente energivoro del settore?

Certamente le vetustà degli edifici: nel 2013 il patrimonio immobiliare residenziale e commerciale europeo è stato stimato in 233 milioni di edifici. Il 75% della superficie totale di questi edifici è destinato ad uso residenziale ed è stata costruita prima del 1990 quindi con criteri prestazionali che non rispettano certo gli attuali standard energetici e di resilienza. Ma, nello specifico del nostro Paese, il dato è ancora più significativo: in Italia, secondo il censimento del 2001, il patrimonio residenziale risulta costruito per il 63,8% prima del 1971 mentre circa 7,2milioni di edifici avevano nel 2001 più di trenta anni (oggi più di 45). Il patrimonio immobiliare italiano è il più vecchio d’Europa, dopo quello tedesco. E’ evidente che la sfida è il recupero energetico di questi edifici, anche perché, finalmente, siamo tutti coscienti dell’impossibilità di continuare a cementificare ed edificare nuove aree di terreno.

  • Da dove partire per il cambiamento?

In termini nazionali, la riqualificazione del patrimonio edilizio rappresenta certamente la più grande ed incisiva risposta che l’Italia può dare al tema del riscaldamento globale. Rendere efficiente un parco immobiliare obsoleto e altamente energivoro è una sfida enorme, ma non impossibile. Abbiamo già a disposizione una ricca offerta di tecnologie, sistemi, materiali e componenti per ricondurre “alla ragione” il fabbisogno energetico degli edifici peraltro con importanti risparmi sulle bollette oltre che grandi benefici per l’ambiente. Importante è riconoscere a tutti i livelli istituzionali la priorità di una profonda riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare. Si tratta anzitutto di realizzare campagne di comunicazione che rendano comprensibili al pubblico gli obiettivi di riduzione dei gas serra e, al contempo, tracciare una via – condivisa e trasparente – che consenta a tutti di aver ben chiaro iter, vantaggi fiscali, metologie e tecniche da utilizzare per la riqualificazione della propria unità abitativa.

  • Quali i vantaggi per il settore delle costruzioni? Ed è possibile quantificare i risparmi per le famiglie?

L’evoluzione già in essere del mercato della riqualificazione rende evidente come riqualificazione e manutenzione del patrimonio abitativo italiano saranno strategici in misura sempre crescente nei prossimi anni. Secondo il Centro Studi ANCE, nel 2015 gli investimenti in riqualificazione del patrimonio abitativo sono stati pari a 46.654 milioni di euro. Questo comparto, che rappresenta ormai il 36,3% del valore degli investimenti totali in costruzioni, è l’unico del settore a mostrare una tenuta dei livelli produttivi.

Per quanto riguarda i costi di gestione degli immobili riqualificati, i conti sono già stati fatti: oggi, una famiglia media spende circa 1.600 euro/anno per riscaldare e raffrescare la propria abitazione. Dopo un serio intervento di riqualificazione è possibile risparmiare, ogni anno, dai 1.200 ai 1.400 euro, pari al 70% e 90% della bolletta. 

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